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EFFICACIA ESECUTIVA ED ESECUZIONE DELL’ACCORDO DI MEDIAZIONE

EFFICACIA ESECUTIVA ED ESECUZIONE DELL’ACCORDO DI MEDIAZIONE

EFFICACIA ESECUTIVA ED ESECUZIONE DELL’ACCORDO DI MEDIAZIONE

  • 5 Agosto 2022

Commento a cura della dott.ssa Lima Simona,

laureata con lode presso l’Università degli Studi di Salerno.

 

EFFICACIA ESECUTIVA ED ESECUZIONE DELL’ACCORDO DI MEDIAZIONE

 

Come è noto, parlare di esecuzione o esecutività di un verbale di accordo, a seguito del procedimento di mediazione, potrebbe sembrare in contrasto con la natura stessa della procedura, dal momento che sono le stesse parti, assistite dagli avvocati difensori, che determinano il contenuto dell’accordo, e dunque si pensa che in maniera automatica si proceda a darne esecuzione.

Pertanto, vi sono casi, seppur eccezionali, in cui nonostante sia stato raggiunto l’accordo, le parti possono vivere successive vicende in cui possano opporsi all’esecuzione del verbale di mediazione. In tali casi, il nostro ordinamento deve fornire strumenti adeguati a poter garantire l’efficacia degli istituti previsti, tra cui anche quello della mediazione civile.

 

Il verbale di mediazione ha valore di titolo esecutivo?

 

Infatti, una delle questioni che nell’ambito della mediazione civile spesso viene affrontata è la portata esecutiva del verbale di mediazione, nel momento in cui è stato raggiunto un accordo tra le parti.

A tal proposito, il D. lgs. n. 28 del 2010 all’art. 12, rubricato “Efficacia esecutiva ed esecuzione” si determina la relativa disciplina. In particolare, l’esecutività del verbale di mediazione è sottoposta a una regolamentazione differente a seconda che sia sottoscritto dalle parti con l’assistenza degli avvocati o esclusivamente dalle parti.

Nel primo caso, qualora tutte le parti aderenti e gli avvocati che li assistono sottoscrivano l’accordo, lo stesso costituisce titolo esecutivo per:

  • l’espropriazione forzata;
  • l’esecuzione per consegna e rilascio;
  • l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare;
  • l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

In tal caso, gli avvocati dovranno attestare e certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In virtù di questa clausola specifica, l’accordo conciliativo, concluso in mediazione, ottiene immediata efficacia esecutiva, e lo stesso, così perfezionato, deve essere allegato al verbale di mediazione, ai sensi dell’art. 11, comma 1, D.lgs. 28/2010.

Nel caso in cui l’accordo di conciliazione sia stato sottoscritto solo dalle parti, senza l’autenticazione degli avvocati, non avrà immediata efficacia esecutiva, ma su istanza di parte dovrà essere omologato dal Tribunale, con decreto del Presidente del Tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico.

 

Ai sensi dell’art. 474 c.p.c., il legislatore dopo aver disposto quali siano i requisiti del titolo esecutivo (ossia liquidità, certezza ed esigibilità), nell’elencare le tipologie di titolo esecutivo, al numero 1, dopo aver fatto riferimento alle sentenze, fa riferimento ai provvedimenti e agli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva.

In virtù di questo disposto e in conformità all’art. 12 D.lgs. n. 28/2010 si evince, quindi, che il verbale di conciliazione e l’accordo ad esso allegato costituiscono titolo esecutivo ex lege.

 

  • DEVE ESSERE APPOSTA LA FORMULA ESECUTIVA AL VERBALE DI MEDIAZIONE?

 

L’art. 475 c.p.c. stabilisce che l’apposizione della formula esecutiva determina l’efficacia esecutiva degli atti dell’autorità giudiziaria o dei pubblici ufficiali, salvo che la legge disponga diversamente. Dal momento che la norma non richiama, tra gli atti che necessitano di formula esecutiva, anche gli atti a cui la legge attribuisce efficacia esecutiva, si desume che non è necessario dotare di tale formula il verbale di mediazione, sottoscritto e autenticato dagli avvocati.

Ciò è confermato anche dall’integrazione all’art. 12, comma 1, della circostanza introdotta con il D.L. n. 132/2014, convertito in L. n. 162/2014 (c.d. misure degiurisdizionalizzazione) che ha previsto che l’accordo di conciliazione debba “essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’art. 480 del codice di procedura civile”.

Sulla scorta dell’art. 12 D.lgs. 28/2010 e dell’art. 475, comma 4 c.p.c. la formula esecutiva è necessaria esclusivamente nei casi in cui l’accordo allegato al verbale di conciliazione sia stato sottoscritto solo dalle parti, e il Tribunale dovrà disporre con decreto l’omologazione.

 

 

  • COME METTERE IN ESECUZIONE L’ACCORDO DI CONCILIAZIONE?

 

Per poter mettere in esecuzione l’accordo conciliativo, l’art. 12 sancisce che l’accordo di conciliazione deve essere integralmente trascritto nel precetto, ai sensi dell’art. 480, comma 2 c.p.c.

In questo caso si segue la medesima procedura delle cambiali e degli assegni, poiché l’avvocato della parte interessata all’esecuzione dovrà trascrivere il testo dell’accordo nel precetto, e l’ufficiale giudiziario ne dovrà attestare la conformità all’originale, presentato dall’avvocato e allegato in copia fotostatica.

Ai sensi dell’art. 479 c.p.c., prima dell’esecuzione forzata, è necessaria la notifica del titolo esecutivo e del precetto.

 

  • OMOLOGAZIONE DEL VERBALE SOTTOSCRITTO DALLE PARTI

 

Come è stato già anticipato, nel caso in cui il verbale di conciliazione fosse stato sottoscritto solo dalle parti, lo stesso non avrà un’efficacia esecutiva ex lege, ma, secondo quanto stabilisce il medesimo art. 12, le parti dovranno richiedere l’omologazione da parte dell’autorità giudiziaria, diversamente l’accordo non ha alcuna efficacia esecutiva.

La parte interessata all’esecuzione deve presentare istanza di omologazione; tale potere è riservata esclusivamente alle parti, dal momento che il verbale è un atto negoziale avente forza di legge tra le parti, per cui consente solo ad esse la possibilità di renderlo esecutivo.

La presentazione dell’istanza di mediazione, ovviamente, è tendenzialmente proposta dalla parte che ha un massimo interesse all’esecuzione.

Il legislatore non ha disposto un limite temporale entro il quale l’istanza di omologazione deve essere presentata; in tal caso, l’unico limite è l’eventuale prescrizione del diritto sostanziale, oggetto dell’accordo.

È bene precisare, che l’istanza di omologazione è presentata per volontà delle parti, e non richiede la formazione del contraddittorio, nonostante una parte della dottrina ritiene che in realtà sia data la possibilità di contestarne la regolarità formale e la contrarietà alle norme imperative, mediante la convocazione della controparte[1].

L’art. 12 D.lgs. 28/2010, inoltre, stabilisce che l’autorità giudiziaria a cui è attribuito la competenza all’omologazione del verbale è il Presidente del Tribunale del circondario in cui ha sede l’Organismo in cui si è svolta la mediazione, mentre nelle controversie transfrontaliere, in virtù della Direttiva Comunitaria 2008/52/CE, spetta invece al Presidente del Tribunale del circondario in cui l’accordo deve avere esecuzione.

Nel caso in cui il verbale di mediazione sia frutto di una mediazione delegata dal Giudice, la competenza appartiene allo stesso giudice che l’ha disposta, poiché possiede già una chiara cognizione della controversia[2].

Dunque, la procedura di mediazione civile determina un procedimento in cui non vi sono eccessivi formalismi, diversamente dal rito ordinario, in cui vi è l’intervento dell’autorità giudiziaria solo al momento della sua esecuzione.

 

Il Giudice competente, al fine di attribuire il valore di titolo esecutivo, dovrà preventivamente svolgere un accertamento in merito alla sussistenza di diversi elementi, quali: l’esistenza stessa del verbale, l’iscrizione dell’Organismo di mediazione nell’apposito Registro, la sottoscrizione del mediatore e delle parti, l’appartenenza tra i diritti disponibili della materia oggetto dell’accordo, il rispetto dell’ordine pubblico e delle norme imperative.

Il legislatore omette di indicare anche la verifica del “buon costume” poiché, come precisato dal Consiglio Superiore della Magistratura nel parere del 4 febbraio 2020, il mediatore non riveste il ruolo di pubblico ufficiale[3]; infatti, non rientra neppure tra i vizi che il Giudice, in sede di omologazione, è tenuto a rilevare[4].

Nel caso in cui si pongono, nel corso della procedura di omologazione, vizi che attengono alla professionalità del mediatore, le parti ottengono tutela in virtù dell’annullamento dell’accordo amichevole.

Ciò è dovuto dal fatto che il mediatore, nel corso del procedimento di mediazione, deve garantire terzietà e riservatezza, ma un’eventuale violazione non incide sull’omologazione del verbale.

In ogni caso, quando il Presidente del Tribunale svolge gli accertamenti sul verbale dell’accordo di mediazione, senza analizzare la sostanza dell’atto e la sua validità; infatti, il debitore esecutato ha il potere di impugnare il verbale o contestarne la regolarità formale.

Pertanto, una volta ricevuta l’istanza di omologazione, l’autorità giudiziaria competente provvede a svolgere gli accertamenti, al fine di rendere esecutivo il verbale di mediazione.

Come già detto, il giudice dovrà verificare la regolarità formale, e non il contenuto dell’accordo, a meno che non contrasti con l’ordine pubblico o le norme imperative; diversamente deve procedere ad accertare che la procedura di mediazione sia svolta secondo gli obblighi statuti dal mediatore, a proposito della disciplina della mediazione civile.

In particolare, dovrà accertare, in primo luogo la regolarità formale, cioè che:

  • Nel verbale siano indicate le generalità dell’Organismo e dei mediatori;
  • L’Organismo e i mediatori siano regolarmente iscritti negli appositi registri ministeriali;
  • L’oggetto della controversia rientri tra le materie per le quali è richiesta la mediazione;
  • L’autenticità delle sottoscrizioni di chi ha partecipato al procedimento.

 

Il legislatore non dispone alcuna indicazione in merito a quali siano i limiti a cui il mediatore dovrà attenersi, e rinvia alle disposizioni di carattere generale, per cui la contrarietà all’ordine pubblico implica la violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento, mentre la violazione di una norma imperativa si pone quando è vietato il contenuto dell’accordo.

In caso di rigetto del verbale a causa di irregolarità formali, il Giudice non può disporre l’esecutività del verbale, invece, in caso di rigetto per violazione delle norme sull’ordine pubblico e delle norme imperative, il mediatore potrebbe essere chiamato a rispondere, dal momento che deve formulare la proposta nel rispetto dei suddetti obblighi, ai sensi dell’art. 14 comma 2, lettera c.

 

Il D.lgs. n. 28 del 2010, tuttavia, non ha dato precise indicazioni in merito ai casi di rigetto previsti all’art. 12; per cui, tali lacune normative sono state colmate per mezzo della tecnica interpretativa dell’analogia, facendo ricorso ad altri istituti previsti dall’ordinamento.

L’art. 825, comma 3 c.p.c. dispone la possibilità di reclamare la mancata concessione dell’esecutorietà del lodo arbitrale; il ricorso viene presentato in Corte di Appello entro il termine di trenta giorni.

L’applicazione analogica di tale norma potrebbe però generare contrasti con la natura negoziale della mediazione, che è un atto negoziale. A tal proposito si potrebbe invece applicare l’art. 739 c.p.c. secondo cui, contro i decreti pronunciati dal Tribunale, si può proporre reclamo dinanzi la Corte di Appello entro il termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto.

Diversi sono i dubbi interpretativi che permangono, per cui sarebbe necessario un intervento del legislatore su questo punto.

 

Quando gli accertamenti del Tribunale hanno un esito positivo, al relativo verbale è attribuito il valore di titolo esecutivo per l’esecuzione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

A tal proposito, l’art. 474 c.p.c., al numero 2 e 3, indica rispettivamente le scritture private autenticate per le somme di denaro e gli atti ricevuti da notaio, che garantiscono non più solo l’espropriazione forzata ma anche la consegna e il rilascio.

Inoltre, l’art. 11 comma 3 D.lgs. 28/2010 richiede l’intervento del pubblico ufficiale quando si conclude uno dei contratti o si compia uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., e solo il verbale omologato ha portata esecutiva, e, divenuto tale, dovrà sottostare alle norme relative al rilascio da parte della cancelleria delle copie del verbale e la sua omologazione.

 

Il Presidente del Tribunale competente, dopo aver concluso i relativi accertamenti, provvede all’omologazione mediante decreto, che ha solo efficacia esecutiva e nessuna natura decisoria.

Il decreto di omologazione, difatti, è un atto esclusivamente esecutivo del verbale di accordo, per cui l’autorità giudiziaria non fa altro che prendere atto del perfezionamento dell’accordo – per renderlo esecutivo – senza alcun altro accertamento tecnico.

Dubbi interpretative residuano relativamente ai casi in cui l’accordo non venga omologato per volontà delle parti o per rigetto dell’istanza.

In tal caso, sarebbe adeguato garantire alle parti la possibilità di agire; in tal caso, il legislatore ha definito quali siano gli effetti per le parti nei casi in cui violino, non osservano o adempiono in ritardo gli obblighi stabiliti dall’accordo; l’art. 11 comma 3 D.lgs. 28/2010 ha statuito che in tal caso per l’inadempiente può essere previsto il pagamento di una somma di denaro.

 

Un ulteriore aspetto importante in materia di omologazione è rappresentato dalla autenticazione notarile, la quale determina che il verbale conclusivo di una mediazione sia inserito nei registri immobiliari[5].

La figura del notaio è complementare all’omologazione, poiché fa sì che, con l’autentica delle sottoscrizioni si possa procedere alla trascrizione.

 

 

 

 

 

[1] P.G. MISTÒ, Normativa e procedura della mediazione, (a cura di) S. Ficili, P.G. Mistò, Torino, 2012, p. 81; G. BATTAGLIA, sub. Art. 12, La mediazione delle controversie civili e commerciali, (a cura di) A. Castagnola, F. Delfini, Padova, 2010, pp. 191 ss; F. FABIANI, M. LEO, Prime riflessioni sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, di cui al D. lgs. 28/2010, in «Rivista del notariato», 4, 2010, pp. 893 ss.

[2] P.G. MISTÒ, Normativa e procedura della mediazione, cit., p. 80.

[3] Il CSM, nel Parere del 4 febbraio 2010, ha sostenuto che “l’omologazione del verbale da parte del tribunale, prescritta dal primo comma dello stesso articolo 12 dello schema di d. lgs., concretandosi nel mero accertamento della sua “regolarità formale”, non attenua la valenza in linea di principio e l’importanza pratica degli effetti che conseguono alla “certificazione” effettuata dal mediatore, privo di qualsiasi qualificazione professionale e, a maggior ragione, di quella di pubblico ufficiale”.

[4] Formazione, requisiti ed iter di omologazione del verbale della procedura di mediazione. Parte II, pubblicato il 19 marzo 2013, disponibile al link <https://www.filodiritto.com/formazione-requisiti-ed-iter-di-omologazione-del-verbale-della-procedura-di-mediazione-parte-ii#google_vignette>.

[5] Tale disciplina è stata oggetto di numerosi dibattiti dottrinali, nonché contrasti giurisprudenziali, a tal proposito v. Trib. Roma, Sez. V, decreto n. 6 del 22/07/2011, e Trib. Varese, ord. del 20/12/2011 che contestano la trascrizione del verbale, di orientamento opposto è Trib. Palermo, sez. Bagheria, ord. del 30/12/2011 che ha ritenuto che il verbale fosse trascrivibile.

 

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